Sirene

Quello che non capisco è perché provate imbarazzo per la vostra coda. È solo grazie a lei se riuscite ad abbandonare di tanto in tanto la terraferma, per entrare nel vostro mondo liquido, leggero, capovolto.

Quando invece tornate in questo – il mio maledetto mondo in cui la gravità si prende gioco di ogni cosa – se solo provo a smascherarvi fingete di non aver mai avuto né coda né pinne, fate casualmente un profondo respiro che testimoni il vostro amore per l’ossigeno allo stato gassoso, e sorridete, imbarazzate, come di fronte alla fantasiosa domanda di un bambino.

So che ci siete. Confessate di saper cantare, ma sempre vi schermite quando vi si chiede di farlo. Scappate con un guizzo, quando vi si tenta di afferrare. Comprendete solo a metà le balorde regole di noi umani. Soffrite, mute, se costrette tra le mura di un acquario. Sapete di mare, ma non lo volete dire.

Anch’io ho un segreto: navigo senza meta da anni, col pretesto di tornare in una patria puramente ipotetica, ma so che l’unico posto in cui getterei l’ancora è l’isola dalla quale si alza, lento, il vostro canto.